Parrucca.

Una delle cose che contraddistinguevano l’età adulta, secondo lui, era il rimorso.
Quella sensazione di onnipotenza adolescenziale svaniva progressivamente, lasciando il passo alle frenesie della quotidianità, si cercava di riempire i momenti liberi di hobby, svaghi, interazioni sociali e situazioni che potevano ricordare i bei tempi andati, ma in ultimo anche questi finivano con l’essere soppiantati dal rimorso. I momenti vuoti ne erano saturi.

E forse, forse, quello che gli era successo nel passato aveva accelerato questo processo, o forse cercava solo scuse per giustificare qualcosa che era sempre stata dentro di lui. Forse quello che crescendo sembrava onnipotenza era un atteggiamento di risposta alla frustrazione e al rimorso, al pensiero di “non essere abbastanza” e di “non farcela”.
Tutti erano nemici in un mondo in cui dovevi spiccare, nessuno escluso e non c’era tempo per mostrarsi deboli. E mentre lottava e sbraitava con chiunque raschiava la superficie del suo essere, fuggiva allo sguardo di chi sapeva andare in profondità. Ma non si può sempre fuggire da chi ti ha messo al mondo, dal suo sguardo. Ed in effetti non è sempre stato così.

Ricordava spesso, adesso che si trovava d’innanzi a quella frontiera che separava una fase di vita dall’altra, che c’era qualcuno con cui “lottare” aveva un altro significato, o spesso nessun motivo di esistere. Ricordava quella persona che lo aveva cresciuto insegnandoli il valore della cultura e delle idee, spronandolo a combattere per esse, ma in maniera civile e non violenta. Ricordava le risate quando, a sei anni, lui le chiedeva di criminalità giocando ad un videogioco, o di come ella raccontava con gioia le ore passate a studiare insieme Diritto. Era poco più di un bambino e nel gioco e nelle parole imparava cose che “spesso mancano addirittura agli adulti”. Non era tutto rose e fiori, anzi. Ma da un litigio spesso nascevano ore di discussioni dal quale, entrambi, crescevano come persone. Quando le cose iniziarono ad andare male, fu difficile se non impossibile proseguire per quella strada. Lui stava entrando nel periodo dell’onnipotenza, figlio di un secolo nuovo al quale gli adulti faticavano ad approcciarsi, lei era presa dalla vita quotidiana che le succhiava via il tempo senza che potesse far nulla e in seguito dalla malattia, che le corrodeva il corpo e la mente. Le opinioni si fecero divergenze e queste crearono voragini che difficilmente potevano essere colmate.

Lui andò avanti. Il mondo andò avanti, senza di lei. Velocemente, troppo, anche per lui.

E quando arrivò a quella frontiera, i momenti che un tempo sarebbero stati riempiti dai discorsi si trasformarono in silenzi, paure e risentimenti. L’adolescente che pensava di aver il mondo in mano tornò ad essere un bambino sperduto in un mondo che aveva perso se stesso, in un mondo di adulti che avevano perso se stessi.
Un mondo che non le aveva dato possibilità, un mondo che non le dava mai a persone come lei. Un mondo che avrebbe avuto bisogno di più persone come lei.

[…]

Alzandosi per proseguire la sua giornata davanti a quella frontiera osservò l’ultima volta quella parrucca, un appiglio a qualcosa che non era più, per lei, la necessità che prendesse vita e iniziasse a parlare, per ore insieme, per lui.

Buon ascolto 🙂

‘Cause to this day we remain estranged and I hate it though
‘Cause you ain’t even get to witness your grand baby’s growth
But I’m sorry mama for ‘Cleaning Out My Closet’, at the time I was angry
Rightfully maybe so, never meant that far to take it though, ‘cause
Now I know it’s not your fault, and I’m not making jokes
That song I no longer play at shows and I cringe every time it’s on the radio
And I think of Nathan being placed in a home
And all the medicine you fed us
And how I just wanted you to taste your own, but
Now the medications taken over and your mental states deteriorating slow
And I’m way too old to cry, that shit’s painful though
But ma, I forgive you, so does Nathan yo
All you did, all you said, you did your best to raise us both

 

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